Tsundoku: il termine giapponese per chi ama i libri, anche non letti

da | Set 26, 2025

C’è una parola giapponese che descrive una passione (un po’ collezionistica, un po’ poetica) che molti lettori conoscono bene, anche se non lo ammettono troppo volentieri.


La parola è tsundoku (積ん読), e indica l’abitudine – o forse dovremmo dire il piaceredi accumulare libri comprati ma ancora non letti.

Libri lasciati su scaffali, comodini, pile traballanti vicino al divano. Acquistati con entusiasmo, sfogliati appena, messi da parte “per quando avrò tempo”. Che, come si sa, è un giorno che tarda sempre ad arrivare.

Il termine nasce in Giappone nel periodo Meiji (1868–1912) e fonde due verbi: tsunde oku, che significa “accumulare per dopo”, e doku, ovvero “leggere”. Il risultato è poetico e rivelatore: un leggere… in potenza. O, come piace pensare a noi, un modo per dichiarare amore eterno ai libri, anche se non sempre li apriamo subito.

Una parola gentile per una piccola colpa condivisa

Nel mondo occidentale, questa abitudine è spesso raccontata con un filo di senso di colpa («Ho comprato l’ennesimo libro e non l’ho ancora letto!»). Ma in Giappone, tsundoku ha un tono più lieve. Nessun giudizio, nessuna lista da spuntare.
Solo la consapevolezza che anche i libri non letti hanno un valore: arredano la mente, non solo la casa.

Perché ogni libro in attesa è una promessa.
È lì a ricordarci che abbiamo ancora tempo per curiosare, imparare, viaggiare con le parole.
E che coltivare i propri interessi – anche solo accatastandoli con cura – è già una forma di dedizione.

Tsundoku e bambini: cosa insegna, anche se (ancora) non si legge

Anche i più piccoli, spesso, vivono a loro modo un piccolo tsundoku: albi illustrati sparsi, volumetti iniziati e mai finiti, storie regalate che aspettano il momento giusto. Non è un problema: anzi, circondarli di libri anche quando non li leggono subito significa insegnare loro che i libri fanno parte della vita.

Basta che siano alla loro altezza – in tutti i sensi.
Che possano toccarli, aprirli, portarli nel letto o metterli in borsa.
Che imparino a scegliere da soli, anche solo per la copertina.
E che non sentano l’obbligo di “finirli”, ma la libertà di iniziarne uno nuovo, e poi tornare indietro, e poi perdercisi dentro.

E allora, sì: viva il Tsundoku

Viva chi entra in libreria “solo per dare un’occhiata” e ne esce con tre volumi.
Viva chi ha scaffali disordinati, pagine con l’orecchia, segnalibri abbandonati.
Viva chi ama i libri per quello che sono, anche se non trova mai il tempo di leggerli tutti.
Siamo orgogliosamente parte del team Tsundoku.

E a chi ci dice: «Ma li leggerai mai?», rispondiamo volentieri con le parole di Umberto Eco, che nella sua biblioteca personale contava più di 50.000 volumi:

«È sciocco pensare di dover leggere tutti i libri che compri, come è sciocco criticare chi compra più libri di quanti ne potrà mai leggere.
Sarebbe come dire che dovresti usare tutte le posate o occhiali, cacciaviti o punte da trapano acquistati prima di acquistarne di nuovi.
Ci sono cose nella vita di cui abbiamo bisogno di avere sempre scorte in abbondanza, anche se ne utilizzeremo solo una piccola parte.
[…]

Chi compra un solo libro, legge solo quello e poi se ne sbarazza.
Applica semplicemente ai libri la mentalità consumistica, cioè li considera un prodotto di consumo, un bene.
Chi ama i libri sa che un libro è tutt’altro che una merce.»

E allora, se anche tu sei colpevole di tsundoku, sappi che non sei solo. È un gesto d’amore. Disordinato, ma sincero.

E se stai facendo tsundoku anche con i nostri libri e audiolibri, non ci dispiace affatto. Anzi: sappiamo che, prima o poi, sarà il momento giusto per aprirli.
Magari inizierete da un episodio a caso, e vi ritroverete con tre Marimo e una carpa parlante, in mezzo a un lago giapponese.
E quel giorno, ne siamo certi, quel libro sarà l’inizio giusto.
O forse, semplicemente, il respiro lento che stavate cercando.

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